Cosa può significare,
all’inizio del secolo, nascere, crescere, ancorare la propria intera esistenza ad una remota isola irlandese, da tutto separata e distinta?
Come, l’ambiente, determina gli sviluppi emotivi, psicologici, affettivi di coloro che ad essa appartengono per legami di suolo, di spirito e di cultura?
Martin McDonagh cerca di raccontarcelo, con questo film narrativamente potente, ombroso, incavato, scuro.
Parrebbe un ossimoro, posizionare accanto a queste così connesse voci, l’aggettivo “lieve”.
Eppure, aleggia, attraverso l’intera trama, una tenera, fiabesca levità, una dolcezza antica, con cui l’occhio del regista fotografa persone e luoghi.
Le scogliere irlandesi s’innalzano a vigorosa metafora della regale solitudine che permea, con numerose foggie, l’abito animico dei suoi abitanti.
Terra ancestrale e alchemica; terra di deità e creature leggendarie.
Colin Farrell e Brendan Gleeson onorano, con sapiente, magnifica arte, la preziosità dei ruoli assegnatigli.
Si renda devoto omaggio agli spiriti di Inisherin e ai suoi … banshees.